1944. Fine seconda guerra mondiale. Due infermieri gestiscono un manicomio con soli tre pazzi, alle pendici di un paesino ai confini con l’Emilia Romagna. La guerra si svolge nelle vicinanze, ma in questo manicomio nulla succede e queste cinque persone vivono la loro vita, come se intorno non fosse successo nulla.
È un manicomio quasi dismesso, dove sono rimasti soltanto Umberto, un cantante rinchiuso dal regime fascista perché troppo vicino ad ambienti comunisti, Natalino, un uomo di 60 anni che parla poco, rinchiuso in manicomio perché omicida di un gerarca fascista, e Benni un ragazzo che vive da anni in ospedali e manicomi psichiatrici, abbandonato sin dalla nascita, logorroico e fissato con la pulizia. Insomma c’è armonia, anche se quest’armonia viene interrotta, una settimana al mese, dal direttore del manicomio, un uomo molto severo, cinico che sfiora momenti di “malvagità”.
Gli infermieri cercano spesso di fare da “muro” a questi atteggiamenti ostili, ma senza nessun tipo di risultato. Un giorno uno dei “pazzi” scopre una cassaforte nell’ufficio del direttore. Così i nostri protagonisti, pensando che ci sia del denaro o pietre preziose, escogiteranno un piano per aprire la cassaforte, scappare con il bottino e conquistare una libertà meritata.